giovedì 15 marzo 2012

Protesi inseparabili



"Altro passo fondamentale [...si parla dell'animazione jappo, ndr...] può essere rintracciato nel successivo successo di Go Nagai, Koetetsu Jeeg ( Jeeg robot d'acciaio, 1975) dove il pilota Hiroshi, essendo un cyborg, durante la trasformazione diventa la testa del robot. In questo caso l'innovazione sta proprio in questo grado di simbiosi che si va sempre di più a assottigliare con il tempo. 
Questa volta anche Hiroshi è un cyborg dal corpo meccanico e dal cuore umano. Ormai tra il pilota e la macchina c'è un' interdipendenza, un rapporto di simbiosi totale. Si va delineando il concetto di uomo cablato ibrido tra macchina e essere vivente che diventerà fondamentale negli sviluppi successivi." 



Questo è un pezzo di un articolo presente nel libro "La Bambola e il Robottone  - Culture pop nel Giappone contemporaneo" (di A.Gomarasca, Torino, Einaudi, 2001)... o forse forse di "Cuore e acciaio - Estetica dell'animazione giapponese" (M.Ghilardi, Padova, Esedra, 2003). Faccio sempre confusione. 
Tra i due, "La Bambola e il Robottone" è sicuramente migliore. In ogni caso un interessante estratto è presente e visibile liberamente in questo sito

Tra le varie cose, si parla dell'interesse giapponese e del suo sviluppo nell'immaginare la tecnologia sempre più parte integrante dell'uomo, fino a diventare una vera protesi, interfacciandosi, entrando nel corpo, unendo l'asettico metallo con la carne pulsante, e creando nuovi organismi superiori (esempi nelle svariate saghe dei robot giganti anni '80, in Ghost in the Shell, in Neon Genesis Evangelion, in Guyver...), concetto che viene poi ripreso in vari film e telefilm di fantascienza (come l'Uomo da Sei Milioni di Dollari, e ovviamente Matrix,che diamine!)

...perchè se non era cablata, con un pistolone in mano, in posa sexy e con le chiappe al vento era meno futuristica.


Fantascienza poi mica tanto, perchè una specie di "fusione" uomo-macchina sta diventando sempre più normale. Non solo per le protesi acustiche, o il pacemaker, o quelle specie di telecamere che si impiantano nel cervello per far vedere i non-vedenti, quanto per un oggettino che è diventato indiscutibilmente parte della nostra vita. E quasi del nostro corpo, tanto che è sempre con noi.


LUI.

Che a questo proposito, la crisi aumenta, la povertà anche ma inspiegabilmente proliferano allo stesso ritmo anche gli iPhone (dal costo vagamente esorbitante) nei mezzi pubblici. 
E ovviamente anche quelle loro specie di copie smisurate che, a quanto ho capito, oltre a servire a leggere il Gazzettino e giocare ad Angy Birds sono fondamentali alla classe politica per garantire che il Governo proceda agilmente nelle sue consuete attività. Cioè, mettersi di traverso davanti a se stesso.

"...No signora maestra, stavo ascoltando. Veramente."

Di fronte allo strapotere indiscusso dei telefonini, che stando ad alcuni articoli in Italia risultano essere addirittura quasi due volte più numerosi degli umani stessi ("Siamo il paese dove si vendono più cellulari, le statistiche riportano 122 telefoni su 100 persone, cioè 1,22 telefoni per ogni italiano, considerando quanti ancora sono troppo giovani per usarlo e quanti invece sono troppo anziani, da queste statistiche emerge che ogni italiano dispone di almeno due telefoni.") la frase standard di rito a questo punto è sempre qualcosa come  "...Ma come si faceva quindici anni fa!?".
Impossibile tornare con mente a quei tempi bui e primitivi. Decisamente era più semplice commettere omicidi, bullismo o atti vandalici, visto che oggi si legge spesso di assassini smascherati dalla posizione rilevata dal cellulare che tenevano in tasca, di alunni violenti che si fanno filmare nelle loro bravate a danno di altri, e di piccoli vandali che filmano e mandano su youtube le prove -con tanto di firma e recapito web- delle loro infrazioni.
Nonostante tutte queste attività tipiche dell'essere umano siano diventate notevolmente più complicate, desta comunque stupore il dover constatare che l'umanità è pur sempre riuscita, in qualche modo oscuro, a incontrarsi e proliferare anche in assenza di questo potente e invadente strumento che permette scambi di informazione continua.
Tuttavia, da persone sagge e obiettive, bisogna arrendersi all'evidenza: il cellulare è ormai parte integrante del nostro corpo, della nostra vita di moderni ed emancipati  cavernicoli del XXI secolo e oggigiorno uscirne di casa sprovvisti è come andare a caccia di tigri dai denti a sciabola senza clava. 
Senza saremmo indifesi di fronte al mondo.

***

A questo proposito, per PURO CASO prima stavo sfogliando i volantini dei centri commerciali dei dintorni, giusto per passare il tempo.
Bé, non che ci voglia andare, ai centri commerciali: sia ben chiaro.
Sarebbe del tutto assurdo, con queste giornate, sprecare un weekend di splendido bel tempo in cui potrei invece... potrei... bé, ci sarebbe da riordinare la casa. O passare il mocio? Visto che sarà tiepido, dovrei anche pulire l'auto che è piena dentro e fuori di sabbia e fango. O approfittare per fare il cambio dei vestiti negli armadi? E decidermi a montare lo specchio in bagno. E ridipingere la parete della camera. Dovrei anche cambiare la lettiera ai gatti? Pulire il divano? Mmm...

In ogni modo, dicevo: il caso ha voluto che abbia visto una pagina invasa da pubblicità di nuovi cellulari, tra cui un nuovo modello della Nokia che, devo dire,  mi ha colpito parecchio con le sue forme tondeggianti e aggraziate. 
Non che mi interessi, ovviamente. Ma proprio per niente: io il cellulare ce l'ho già. 
E funziona benissimo. Cioè, funziona. Anche se sembra una mattonella. E ogni tanto si comporta come tale. Ma non ho certo bisogno di cambiarlo con uno nuovo solo perchè ha le forme tondeggianti e aggraziate. 

Ecco: per la verità, trovo del tutto inutili tutte queste pubblicità di cellulari. Voglio dire, stando alla statistica ognuno ha almeno due cellulari, giusto? E allora che bisogno c'è di spiattellarci sotto gli occhi continuamente nuove pubblicità di questi aggeggi? Solo per averne uno più potente o carino? E' ridicolo. E' ovvio che noi adulti non siamo come i bambini, che cedono facilmente a trappole così evidenti.

Oltretutto, non che queste pubblicità facciano il minimo sforzo per non sembrare ingannevoli: chiunque potrebbe fiutare l'inganno.
La gente è rappresentata sempre troppo sorridente, troppo palestrata, troppo raggiante anche mentre fa le cose più noiose del mondo, che stia cazzeggiando in internet in lussuose case dal design sfrenato o che guidi sicura potenti vetture su strade improbabilmente sempre prive di traffico. Addirittura sembra, a dar loro retta, che sfogliando una qualche nuova agenda elettronica gli appuntamenti noiosi e pesanti diventino improvvisamente stimolanti e divertenti. 
Balle. Prese in giro belle e buone. 
Ho degnato quindi appena di un'occhiata veloce, data con un senso di distaccata superiorità, al giocattolino in questione, per passare deciso al foglio successivo.




...O meglio, giusto un attimo prima di passare al foglio successivo, solo per dimostrare al volantino quanto poco valgano i suoi patetici e goffi tentativi di convincermi, mi sono soffermato un istante sulle specifiche del cellulare. Così, per puro spregio.

E Caspita. Ad essere sinceri, non era niente male. Era pure scontato di 50€.
Puzzava di trappola lontano un chilometro, è chiaro. 
Ma, d'altro canto, io non sono certo una persona con pregiudizi. O almeno non voglio avere questo pregiudizio nei confronti di me stesso. Per cui ho approfondito un altro poco, solo per il gusto di trovare l'inganno.

"Nuovo sistema operativo. Prestazioni superiori. Ricezione ottimizzata. Software per la riduzione del rumore di fondo. Display ultraluminoso. Agenda rinnovata." 
Accidenti. E poi è una curiosa coincidenza, perchè guarda caso io ADORO usare l'agenda del cellulare!!! 
"Autonomia di stand-by eccezionale. Rilevatore di campi magnetici. Bussola incorporata. Processore da 1 GB. 512 MB di RAM. Memoria di massa espandibile."

Processore? Bussola?! Ma stavamo parlando di un telefono? Forse mi sfugge qualcosa. 
GPS, GPRS, AGPS, USB, WIFI, WLAN, WEP, WPA, WCDMA, HSUPA e altre accozzaglie di lettere che, ad essere sinceri, non mi dicono un fico secco. Però fa figo pronunciarle una dopo l'altro. Se uno ci riesce senza ingamberarsi, intendo.
E ce ne sono davvero tante... chissà, magari un giorno, nel bel mezzo della difficoltà, una di queste sigle rivelerà un aiuto decisivo nel risolvere un grosso problema.
Credo sia questa l'idea: fare scorta di vocali e consonanti, un po' come nella Ruota della Fortuna.

"Lenti Zeiss e possibilità di scaricare programmi aggiuntivi che permettono, tra l'altro, di scattare foto in HDR" (questo per la verità non c'era scritto nel volantino. L'ho trovato su internet. Non saprei proprio dire come io sia arrivato a cercare questa informazione sul web, visto che non mi interessa assolutamente comprare un nuovo cellulare).
...A-Haa! Ecco la pataccata. Che senso ha scattare foto HDR su un telefono?! La cosa ha un perchè su una reflex digitale, certo non per una ridicola scatoletta con un obiettivo grande come una capocchia di spillo. Nessun fotografo serio si farebbe abbindolare da una cosa del genere. Da un trucco per sempliciotti così ridicolo. Ho già una reflex, che me ne faccio di uno stupido cellulare con lente Zeiss?
Ecco, appunto!!!

Solo che... 
Voglio dire: pensandoci bene, la reflex è pesante. E ingombrante. E poi, è chiaro, non sempre ce l'ho con me. E a un certo punto ho pensato: e se un giorno mi trovassi davanti a uno scatto di fondamentale importanza e non avessi niente altro che il cellulare con me?? (...il che è una cosa possibile, anzi probabile, visto che ce l'ho anche quando vado in spiaggia e le uniche altre cose che ho sono le infradito e gli slip).

Ragioniamo un attimo: sarebbe un'occasione irripetibile persa. Persa per sempre. Sprecata. Andata. Non tornerebbe più. Potrei rimpiangerlo per anni.
Forse dovrei pensarci e rivedere un attimo le mie priorità, è chiaro. Per non cadere in inutili pregiudizi.

Non che il mio cellulare di adesso non faccia le foto, sia chiaro. E' che... bé, ha sempre la memoria intasata. Qualunque cosa fai, lui si lamenta "Impossibile eseguire l'operazione: memoria insufficiente".
Un piagnone. Uno smemorato. Senza memoria disponibile. Dimentica pure di avere le applicazioni nel menù. Un cellulare con l'Alzheimer. Da quando ho fatto l'aggiornamento del software, poi, non va praticamente più niente. 
Certo, i programmi preesistenti sono diventati più ricchi, dalla grafica migliore, più pesanti, e il che significa quindi che ora non partono neanche. Come il programma del GPS: non si degna più neanche di calcolare il tragitto, ti dice semplicemente "Memoria insufficiente, comprati una cartina, e buona fortuna".

Che poi, pensandoci un momento a mente sgombra, a maggio abbiamo in programma un bel viaggio in sud Italia e sarebbe da veri irresponsabili partire senza GPS. E' talmente logico che mi stupisce non averci pensato prima.
Chiaro che ho il TomTom, che domande, ma è ingombrante. Ed è risaputo che per godersi la vacanza bisogna viaggiare leggeri. Tipo in infradito, slip e cellulare con GPS. 
Sono sicuro che un cellulare con un buon GPS sarebbe una scelta azzeccata. Un investimento. Una priorità. Quasi una necessità, mi viene da dire.
Un GPS che funzioni come agile agenda, come macchina fotografica d'emergenza, come oggetto di design, e all'occorrenza come fermacarte.  Un apparecchio elegante e funzionale, dalle mille applicazioni. La mia produttività triplicherebbe. Lo potrei usare per qualunque cosa. Seriamente: non riesco a capacitarmi di come abbia potuto anche solo pensare di viverci senza senza fino ad oggi.

Ho sbagliato tutto. Ora ho capito: non posso andare avanti senza il mio nuovo Nokia dalle linee tondeggianti. La mia esistenza, ad oggi, si mostra insopportabilmente grigia e limitata. Come ho potuto non accorgermene? Come posso essere stato così cieco e ottuso? Com'è che non lo capivo?
Quindi aveva ragione la pubblicità: la mia vita sarà molto più colorata, più dinamica; tutto sarà più semplice, scatterò foto in cui tutti saranno felici e soddisfatti, navigherò in internet col sorriso fisso delle reclame stampato in faccia; grazie alla nuova agenda sul display ultrabrillante sbrigherò facilmente tutti gli impegni che oggi, col vecchio cellulare, mi sembrano noiosi e pesanti; e poi guiderò con fare sicuro e orgoglioso la mia automobile su strade veloci e sgombre, finalmente guidato dal mio potente Nokia dalle linee eleganti, il GPS, WAP, il WEP, il HSUPA (qualunque cosa diavolo sia) e il navigatore incorporato.

Per fortuna sono una persona matura e capace di riconoscere gli errori di percorso e non un ottuso bimbetto testardo, e quindi so capire quando ho sbagliato. E PORVI RIMEDIO il prima possibile.
L'ipermercato è aperto sabato. Dopodomani. Il che, mi secca proprio, è un vero peccato perchè questo fine settimana avevo proprio intenzione di fare tutte quelle cose -il cambio dei vestiti, montare lo specchio, pulire i vetri, ridipingere le pareti...- che per un motivo o per l'altro non riesco mai a fare. Saltano sempre fuori questi impegni improrogabili da sbrigare assolutamente il prima possibile.
D'altra parte, una vita impegnata è una vita sana. E poi bisogna dare la giusta priorità alle cose. Bisogna ragionare in anticipo: non si vorrà mica che finisca in panne su una strada sperduta del sud Italia, disperso, senza batteria, e senza poter aggiornare Facebook?!




lunedì 12 marzo 2012

Aspettando


Lunedì si torna al lavoro.
Passato da poche ore il fine settimana, mi scopro già a fare progetti per il prossimo, in cui non sono bloccato in ufficio a fare quelle cose insulse che mi allietano le giornate lavorative come tabelle, grafici, relazioni, impaginazioni.
In attesa di andare, che ne so... per centri commerciali? ^_^'

In quest'ottica, questi cinque giorni sono una seccatura, un tempo scomodo e inutile, da far passare velocemente in attesa di un momento migliore, in cui divertirmi, e vivere appieno la vita. Due giorni su sette, potrebbe andare meglio, ma non lamentiamoci.

Però, è chiaro che in quest'ottica questi cinque giorni di noiosa routine sono cinque giorni persi. Cinque giorni sprecati.
Per la verità, quando mi fermo a pensarci mi pare che a volte gli ingranaggi contorti della società ci spingano a sprecare i giorni.
O meglio, visto che il lavoro pare sia in qualche modo necessario al funzionamento dell'uomo (per mangiare, ma anche per non andare via di testa il perchè, giuro, non mi è ben chiaro) e a quanto sembra è praticamente impossibile per noi umani medi liberarsene, mi pare ben disposta ad insegnarci la teoria dell'immaginare progetti per il futuro e finire con l'aspettare.
Aspettare le vacanze estive quando sei a scuola, aspettare di essere "grandi" per fare tutto ciò che vuoi (seee, proprio) quando sei bambino, aspettare le ferie quando sei bloccato alla scrivania, aspettare che passi il periodo di pressione in ufficio e la consegna improrogabile per potersi rilassare un po' (che tanto appena finito ce n'è un'altra), aspettare la promozione per fare la bella vita, aspettare la pensione per potersi concedere del tempo ed essere liberi, aspettare, aspettare... ma aspettare COSA, se poi viene fuori sempre un impedimento che rovina il teorico momento perfetto su cui contavamo e che avevamo tanto immaginato?

In questo bisogna ammettere che siamo recidivi e non impariamo mai. E se poi uno è religioso, capita anche di peggio: uno può perfino convincersi a sopportare la vita intera aspettando di andare un giorno in un posto dove finalmente tutto sarà bello e perfetto, dove incontreremo i nostri cari, dove saremo per sempre felici e liberi da ogni male. Morti stecchiti e quindi felici.
Perverso. Chi potrebbe crederci?

...eppure.... °_°'


Mi pare che ci sia sempre, in sottofondo, quell'aspirazione a cercare un "momento perfetto", nel futuro nebbioso, dove tutto sarà a posto e noi saremo finalmente soddisfatti e appagati.
In questo, i cartoni animati e i film (e perchè no, le favole?) giocano la loro parte: trasmettono fin da bambini l'idea che "tutto è bene quel che finisce bene", che dopo un percorso più o meno accidentato e pieno di difficoltà e ostacoli da superare, ci sia il lieto fine dove tutti ridono più o meno sguaiatamente, trionfa il bene e la felicità è perfetta. Per sempre felici e contenti.
Balle, è ovvio.

...eppure, chi non smette di sognare?


Affascinati da un ipotetico finale dove tutto è felicità, lavoriamo oggi sui nostri errori per cercare di migliorare, di maturare, ed avere le capacità per afferrare finalmente il momento perfetto, dove non sarà più necessario aggiustare niente, ma così è sempre aspettare un momento che deve ancora venire.
E' come se adesso stessimo sempre allenandoci, se stessimo ancora lavorando per ottenere le premesse di un futuro splendido, se stessimo recitando le prove generali in attesa del grande spettacolo. Il Cristianesimo, peraltro, la pensa proprio così. O ce lo vuole far credere, perlomeno.
Aspettiamo che la vera vita cominci.
E intanto, cosa facciamo? Il tempo passa e mi accorgo a volte di come lo usiamo in maniera insulsa. A spettegolare su Facebook. A fare zapping tra video di youtube di cui non sentivamo bisogno. A guardare foto di gente che non conosciamo. A spiare le vite finte di altri col Grande Fratello (che alla dodicesima edizione ha fatto flop, finalmente) e a guardare programmi insulsi di cui in fondo non ci frega niente. A fare passatempi. E il tempo passa, appunto.




Cioè, parlando di tempo che passa, si arriva al concetto successivo: par brutto, ma è abbastanza chiaro che dovremo morire. Bella scoperta?
Curiosamente, quando esprimo questo pensiero, la gente normalmente si tocca e poi mi manda a quel paese, o fa le stesse due cose ma in ordine inverso; per la verità, a volte anche in contemporanea.
Vero che si deve morire, MA SI SA: è una cosa che succederà. Un giorno. Lontano, si spera, e aspetta che mi tocco di nuovo e vai un po' a fare 'sti discorsi da iettatore da qualche altra parte, sì? Ecco bravo.
E poi che senso ha farsi 'ste seghe mentali: per adesso siamo vivi, no? Ecco, appunto.
Tra parentesi, se ci penso bene, non ci credo fino in fondo neanch'io. Un attimo, penso, ragioniamo: mi guardo allo specchio e dico "toh, ho 34 anni", strano... poco fa ne avevo 25. O erano 20? Non può essere. TRENTAQUATTRO? Mi è sfuggito qualcosa?
Quando è passato, il tempo? E soprattutto... come l'ho utilizzato? Ho realizzato qualcosa per cui essere fiero di me stesso? Qualcosa di veramente grandioso, spettacolare, eroico, come i personaggi dei film?
Bé, non esattamente... magari più aspettando distrattamente che passi la giornata lavorativa in attesa che arrivi la sera? E la serata, su facebook? Scrivendo post di blog? O guardando film orrendi? Sempre che non stiamo guardando una pubblicità irritante di qualche insulso detersivo, in attesa che ricominci il film orrendo.




Basta guardarsi intorno per vedere come sia difficile, forse impossibile, rendersi conto pienamente della fragilità della nostra stessa vita, di quanto sia stupidamente temporanea, di come poi basti un niente perchè si spacchi.
Anche se uno riesce nell'intento di non impiantarsi contro un platano il sabato sera, il corpo comunque si logora. Però non ci si pensa, normalmente.Probabilmente c'è una specie di meccanismo salvavita per non essere presi dall'angoscia di invecchiare, di avere un timer dentro le proprie cellule, di avere le batterie Ni-Cd di quelle con l'effetto memoria che ogni giorno che le ricarichi si caricano sempre un po' meno, e dopo cento utilizzi la macchina fotografica non si accende più. E ti accorgi che i pezzi di ricambio non erano previsti dal rivenditore.

Qualcosa che spinge a trattare i compleanni come feste, anzichè guardare la cosa dall'altro punto di vista e capire che ok, è un anno in meno da vivere.
Per la maggior parte di noi comprensibilmente questo ragionamento è da evitare ad ogni costo, per cui si fanno le corna e si procede a vivere come se niente fosse, ignorando questa realtà, distraendosi deliberatamente, come se la morte non esistesse veramente e comunque non ci toccasse da vicino -non per noi, almeno- e poi ecco, si resta impreparati quando ad esempio un vecchio nonno improvvisamente viene a mancare.
Che "improvvisamente" un tubo, visto che a una certa età il fatto di andarsene, se non altro per una questione di statistica, sarebbe da prendere emotivamente in considerazione.

E quando questo succede uno pensa che l'esempio, dovrebbe servire di lezione. E invece, giorno dopo giorno, il tempo guarisce le ferite. Ci si dimentica della visita della morte. E si torna ad aspettare che succeda quel grande evento che segni l'inizio della vera vita, e nel frattempo si continua ad aspettare distratti, giorno dopo giorno, in giorni così simili l'uno all'altro, a perderci in passatempi. E il tempo passa, appunto. Ed è così strano pensare che non ritorna.