Il lunedì sono di pessimo umore.
Probabilmente la colpa è del fine settimana,
che mi illude ci possa essere una vita diversa di quella che si ottiene stando
chiusi per otto ore al giorno in un ufficio grigio, monotono, con il ronzio
dell’impianto di condizionamento (quando funziona), davanti a un insulso
schermo che flippa gli occhi ad inserire altrettanto insulsi dati in un
archivio, o controllare e confrontare noiose liste di quantità che gente
altrettanto annoiata ha inserito.
E il tutto fino a XXXtanta anni, quando
finalmente saremo liberi di, uh, coltivare i nostri acciacchi da
ultrasettantenni standocene chiusi in casa con il ronzio di una protesi
acustica, davanti a un insulso televisore a vedere altrettanti insulsi
programmi televisivi in noiosa alta definizione.
Vabbé. Mi dicono che questa sia la vita.
"La vita reale".
Che l’uomo funzioni bene se vive nella sofferenza.
La possibile verità di questa affermazione, che mi pare un po’
masochista, spiegherebbe il successo di alcune massime al riguardo, come:
“Soffrire e
piangere significa vivere.” [Dostoevskij],
“L'uomo è nato libero, ma dovunque è in catene.” [Rousseau],
“L’uomo è
nato per soffrire, e se non soffre, soffre.” [M.Marchesi],
“E' più
facile per l'immaginazione comporsi un inferno con il dolore che un paradiso con il piacere” [A.De Rivarol],
...o la popolarità del mantra di “gloriosa sofferenza” di alcune religioni, col loro
pantheon di santi volenterosi e desiderosi di aiutare l’umanità ma
rigorosamente incompresi, addolorati, mutilati, suppliziati, squartati, arsi vivi,
crocifissi, torturati, impalati, affettati, massacrati, in sostanza abbastanza sfigatelli
nella vita terrena (e per loro scelta, pare) che ha preso piede nel nostro sistema di valori.
Pensavo: Ma è proprio inevitabile?
Chiaramente se ho
avuto un fine settimana solare e felice, il ritorno nel tetro grigiume della
noiosa attività lavorativa sarà particolarmente fastidioso. Tipo quando alle terme si
ha la sfortunata idea di passare dall'acqua tiepida dell'idromassaggio all’acqua gelata del frigidarium.
Tuttavia, se pure il weekend è stato noioso,
grigio e disperante, non ci sarà –è vero– un contraccolpo così devastante; ma
il continuare della noia, il perdurare di un sottofondo di abbattimento sarà
altrettanto soffocante.
Bisognerebbe dunque cambiare prospettiva,
guardare la questione da un altro punto di vista, correggere il proprio
atteggiamento.
Quando si parla di questi argomenti, un'immagine del genere fa sempre la sua figura. |
Ma se io, il lunedì, decido di cambiare
atteggiamento riguardo a come mi pongo davanti all’inizio delle mie quaranta ore
settimanali di necessaria prigionia, chiaramente è perché mi sento triste e sconfortato.
Questa situazione di sconforto, oltre che
dallo stato del weekend appena trascorso, può dipendere anche da altri fattori
–superiori fastidiosi, compiti noiosi, ambiente di lavoro non ottimale… –
insomma un condizionamento precedente, da cui scaturisce il mio fastidio
odierno.
Basta cercare un attimo e la spiegazione del mio atteggiamento di oggi può
essere trovata in una causa precedente.
E se io oggi mi lamento, è perché tollero male
questa situazione che affonda le sue radici nel passato.
Ma va da sé che questa causa precedente deve a sua
volta generata da un’altra causa, per lo stesso motivo.
“Vabbè, ma in questo caso è colpa tua che non fai un lavoro che ti
piace” mi dicono.
Giusto. Possibile.
Ma se oggi non lavoro là è
perché nel mio passato c’è stato un avvenimento (quando ho mandato curriculum
in giro ho trovato questo posto di lavoro offriva dei vantaggi che da altre
parti non c’erano) che mi ha portato alla condizione di oggi.
“Sì, ma allora licenziati e smettila di rompere”. mi si fa notare con cortesia.
“Sì, ma allora licenziati e smettila di rompere”. mi si fa notare con cortesia.
In effetti sì potrei, ma che posso dire? Al momento attuale non mi sembra il caso.
E’ una decisione, di cui mi prendo evidentemente la responsabilità, che faccio per vari motivi: vuoi per pigrizia, vuoi per comodità, vuoi basandomi su altri dati che raccolgo in giro:
raffrontando ad esempio vantaggi e svantaggi del mio lavoro attuale (così come io li
percepisco) con quelli di altri lavori che vedo fare da amici e conoscenti.
Scelte,
è chiaro. Ma, è la sega mentale di oggi, ora io mi domando: queste scelte sono state libere?
Le ho prese in tutta libertà?
O sono state influenzate, ad
esempio, dal mio lavoro precedente –riassumibile in: schiavitù, alienazione e
fastidio- che non mi ha spinto, ad esempio, a cercare fortuna in uno studio
privato di qualche genere.
Oppure, tanto per complicare le cose e aumentare il mal di testa: prendiamo il mio personale percorso di
studi.
Le mie scelte del presente dovrebbero tener
conto della laurea in architettura? Bé, certo, se mi interessasse.
Il mio passato (con quello che credevo,
pensavo, speravo allora) quanto può
vincolare la possibilità che ho nei prossimi mesi di fare il pizzaiolo? L’informatico?
Lo psicologo? Il barista? L'addestratore di delfini?
Se scegliessi di fare il cameriere o il mangiatore di spade, la gente
mi guarderebbe dall’alto in basso dicendo che ho sprecato tempo e soldi e non
faccio fruttare la mia laurea?
E infine: se ho scelto proprio architettura, non
è stata a causa di alcuni avvenimenti – un po' casuali, magari anzi sicuramente – a loro volta dovuti,
chennesò, diciamo al fatto che mi piace disegnare?
Il che che dipende evidentemente dal fatto che ho letto
molti fumetti?
Che dipende magari dalla mia assidua frequentazione infantile
con i cartoni animati giapponesi?
La quale dipende dalle logiche di mercato
televisive degli anni ’80?
Considerando che anch'essa dipende da bla, bla, bla, bla, bla………..
Eva sta evidentemente pensando ad altro, e non ascolta le istruzioni. Se ne pentirà a breve. |
A questo punto si potrebbe andare avanti a cercare connessioni fino
a risalire ad Adamo ed Eva (e alle cause che hanno spinto JHWH a progettarli così frettolosamente senza controllare che il loro sistema operativo fosse stabile) o, in alternativa, al Big Bang e dintorni, ma questo
porterebbe a ribadire il fatto che il mio essere giù di corda, oggi, non è imputabile unicamente a me.
Anzi, è stato la
scelta (inconscia) di tutta una vita; anzi non solo la mia, perché
evidentemente la mia "scelta" è stata una non-scelta, un percorso obbligato
derivato dalle esistenze di persone precedenti, che a loro volta non avevano
scelte nel fare quello che hanno fatto perché condizionate da avvenimenti
precedenti… etc.etc.etc.
E perciò qualunque scelta, a ben guardare, non può
essere definita libera, perché limitata e influenzata dai momenti precedenti,
dalle informazioni ricevute, e via dicendo (cosìcchè mi sono fatto l’idea che oggi non si trovi
lavoro come architetto libero professionista, perché frequento amici che non hanno trovato lavoro in
questo campo. Ma se ne avessi frequentato altri? Ma poi, perché
ho frequentato proprio loro? Perché ci siamo trovati negli stessi corsi, ad
esempio. Ma anche per questo si può trovare una
spiegazione… in fin dei conti, mi viene da pensare che un passato pieno di
casualità sia in gran parte responsabile delle mie scelte di oggi.)
Come posso quindi IO, oggi, dirmi libero di
scegliere?? In un certo senso siamo vincolati ad un destino già scritto?
In sostanza l’intera faccenda può essere
riletta nell’ottica che oggi non dovete rompermi perché: se il lunedì mattina sono
incavolato, ho ampiamente dimostrato che questo NON DIPENDE DA ME: ogni mia
azione era ed è dovuta e in certa misura prevedibile in anticipo.
L’alibi di ferro del determinista.
Il paradiso
di chi scrive l’oroscopo.
Se questo fosse vero, paradossalmente, ogni azione non sarebbe dunque incolpabile, perché a causa del passato ognuno non è responsabile delle proprie
azioni. PERCHE' NON PUO' SCEGLIERE, in un certo senso "è obbligato" a fare quella scelta.
Un po’ come gli assassini che vengono discolpati dai loro psicologi
perché non capaci di intendere o di volere. E questo, naturalmente, a causa del
loro passato (educazione disastrosa, o deficit mentale).
Il che mi porterebbe a dover perdonare di buon
cuore il mio gatto che ha fatto DI NUOVO la pipì negli scatoloni, profumando i pavimenti di mezza casa. Certo che
avrei potuto prevederlo. Forse non ci avrebbe pisciato dentro se, ad esempio,
se qualcuno fosse improvvisamente entrato in casa, o se un rumore l'avesse incuriosito, o se si fosse distratto per un uccellino che si fosse posato sul davanzale in quel
momento.
Ma anche qui, la scelta viene determinata dal caso. Se vale per Churi, può valere anche per me? Perchè? E perchè no?
Fino a che punto siamo liberi di scegliere?
Fino a che punto CREDIAMO solamente di esserlo?
Il nostro futuro è in buona parte già scritto
nel passato oppure no??
ad oggi, questo post ha vinto il CAMPIONATO MONDIALE di seghe mentali. hai già ritirato il premio? :DDD
RispondiElimina-fa male leggerti a quest'ora, e per di più se devo studiare!! mannaggia a me!!!-