sabato 18 febbraio 2012

Identità segrete

Oggi, dopo dodici ore di sonno filate, mi sono svegliato con un motivetto di una vecchia canzone in testa, e mi sono ritrovato a pensare... avevate mai fatto caso che c'è stato un periodo, negli anni '80 e '90, in cui se non avevi almeno un'identità segreta non eri proprio nessuno? E scusate il gioco di parole.
Visto che siamo in pieno carnevale, mi sembra doveroso approfondire il tema del mascheramento e delle identità segrete. ^_^
Il messaggio era decisamente chiaro, dato che veniva da più fronti dal panorama televisivo: tu accendevi la TV (e io la accendevo spesso) e qualunque canale mettevi le probabilità di imbatterti in qualcuno che girava con un costume ridicolo e/o si faceva chiamare con un nomignolo scemo erano statisticamente alte.



Il motivo, ovvio, era aiutare lo spettatore a uscire dalla realtà comune e aiutarne l'identificazione con il personaggio tv, dato che anch'egli indossando la maschera usciva dalla sua "realtà comune" per diventare letteralmente qualcun altro, cambiando aspetto e modo di comportarsi.
In sostanza in questa  doppia uscita dalla banale quotidianità veniva mostrata e in un certo senso legittimata la possibilità di riscattarsi compiendo azioni spettacolari e vivendo una vita fuori dalla consueta grigia routine (mentre l'eventuale superpotere sfoggiato dall'alter-ego è da considerare semplicemente uno sfogo del desiderio di onnipotenza tipico del bambino... qui non è il caso di approfondirlo vista la lunghezza del tema, e lasciarlo trattare agli esperti del settore)


...Si sdrai, prego.


Quindi.
C'erano Zorro, Batman, Superman, l'Uomo Tigre, l'Uomo Ragno, il Tulipano Nero, He-Man, Wonder Woman, Calendar Men, Megaloman, Paperinik, SuperPippo, Yattaman, Sailormoon, la Magica Emi, Shadow Lady... la moda di girare con un travestimento più o meno sgragiante e ridicolo negli anni '80 e '90 dilagava a vista d'occhio, sfidando le regole del comune buon gusto. E la cosa più entusiasmante, ripensandoci adesso, è che nel mondo della TV l’apparizione di questi tizi mantellati che indossavano mutandoni e stivali di gomma sopra una calzamaglia non causava pernacchie o increduli scrosci di risa, ma suscitava timore reverenziale, tanto a farli diventare modelli iconici di tutto rispetto nelle menti dei bambini che guardavano ipnotizzati la TV (...uno a caso?)

Cioé. Usare un travestimento per fare le proprie bravate cercando di evitare di finire in galera era stata una buona idea in uno dei primi "supereroi", Zorro, che pur sfoggiando un look vagamente piratesco e quei ridicoli baffetti era sempre riuscito ad evitare di essere perseguito della legge. Per le sue azioni da fuorilegge, non per l'uso dei baffetti, si intende.



L'idea di mascherina e cappello per battersi contro le inguistizie sociali è stata poi ripresa da una sorta di controparte femminista dello spadaccino spagnolo, la fioraia francese nota come Stella della Senna, con l'importante differenza di una maschera rossa coprente quanto un paio di occhiali da segretaria e una tutina sgambata.
Che, tra i bacchettoni della Francia del XVIII secolo, poteva forse fare la differenza e distogliere l'attenzione dei gendarmi contro cui si batteva e spiegare la loro goffaggine quando, sola contro venti, li affrontava vittoriosa.



Un'identità misteriosa su cui far leva per aumentare il proprio fascino mediatico era invece probabilmente stata l'idea di Naoto Date, filantropo e lottatore professionista dal passato oscuro che impiegava una tigre impagliata in testa, con la scusante però che i suoi avversari sfoggiavano gadget e travestimenti ancora più dementi.

tipo il boa VIVO...
...la maschera da corpo dei lupetti, con tanto di dentiera...
...un comodissimo completo da, boh, vampiro? compreso di farfallino e mantella...
...la tutina da ape maia/ragno triste...
...l'uomo-orata-al-pesto...
...il re leone e la mummia (sotto le bende si cela evidentemente Satomi dei Beehive)...
il... il.... bé, lasciamo stare!           O___O'


Lo stesso principio di Zorro, che dilagherà dal Giappone all’America passando per l’Italia, e sarà fatto proprio da personaggi come l’Uomo Ragno, Yattodetaman e Paperinik,  ha dato il via a un altro cliché, quello su cui si basa il segreto di Superman: il binomio contrapposto “identità pubblica debole e sfigata - identità segreta figa e spaccatutto”.



Per sfuggire alle ritorsioni sui propri cari, Clark Kent escogita il ben noto quanto risibile travestimento: raddrizzare le spalle, togliersi gli occhiali, scompigliarsi un po' il ciuffo e mettersi una tutina aderente colorata di dubbio gusto. 
Cosa però che, per quanto incredibilmente funzionante, ha avuto come ben noto il problema di far perdere la testa della sua donna, evidentemente molto miope, per una sola delle due identità.
Dramma che aveva perseguitato, per inciso, anche il capostipite Zorro: la bella Lolita infatti per tutta la storia sbava tanto spudoratamente dietro allo spadaccino mascherato, quanto disprezza le avances del timido Don Diego de la Vega; e più avanti nel tempo la frigida Teela, da sempre indifferente alla camicia rosa confetto e ai virili fuseaux viola lavanda del Principe Adam, perderà la testa per i pettorali depilati di He-Man al punto di ignorare quell'impossibile pettinatura a caschetto biondo.

"Tutto qui, bastava spogliarsi davanti a lei!" spiega il Principe Adam nell'ultima puntata a beneficio dei bambini
 
Possedere una seconda identità da tenere nascosta al pubblico, e di cui far innamorare la propria donna in modo da causare problemi sentimentali del tutto gratuiti per essere paranoicamente gelosi di se stessi, col tempo diventa sempre più fondamentale nella formazione dell'adolescente degli anni '80.
Oltre che per lottare contro le ingiustizie e i malvagi, l'identità segreta si rivelava fondamentale anche per avere successo nella vita professionale, specie se nell'ambito dello spettacolo; lattai, corrieri e impiegati di banca mascherati, fortunatamente, devono ancora vedersi, per quanto non sono sicuro che libera professione si possa intendere la seconda attività delle tre ragazze bellissssime, tre sorelle furbisssime, del bar "Occhi di Gatto".
Sfruttatrici di un'identità posticcia per guadagnarsi il favore del pubblico sono l'Incantevole Creamy e la Magica Emi; entrambe tuttavia, rientrano più nel genere "maghette in erba" che nel settore dei "liberi professionisti con maschera".

* * *


(..e notare il mignolino con cui tiene il microfono, prego)


Ma è con Jem e le Holograms che arriviamo a una svolta decisiva: JeRRica Benton è l'insipida proprietaria di una casa discografica sull'orlo della bancarotta (e relativo inevitabile orfanotrofio annesso da salvare per sottolineare il momento lacreme napuletane), finché non ha la brillante idea non tanto di investire su un gruppo decente, quanto -nonostante sia priva di talento e non sappia cantare- di mettersi a strimpellare con la sorella e le prime amiche che trova sulla rubrica dopo aver assunto ella stessa un'identità segreta, probabilmente perché era una tirchia di prima categoria, o aveva segrete manie di protagonismo, o semplicemente perché affidarsi a una vera cantante seria le sembrava troppo scontato.


Contando sul fatto che negli anni '80 una parrucca da Joey Tempest rosa evidenziatore bastava per decretare il successo di un gruppo rock, JeRRica decide di diventare lei stessa un'icona pop grazie agli effetti speciali dell'inevitabile supercomputer senziente di turno trovato in magazzino; potendo così contare su un fisico spudoratamente rifatto (da un ologramma, giusto perché rifarsi il seno come le altre non le bastava) e con la voce sgraziata contraffatta dall'elettronica, Jem diventa la precorritrice di quasi tutte le cantanti pop di oggi.

Lo scontro con la realtà è spesso molto duro

Finalmente libera dal suo vecchio look scialbo, dalla voce da cornacchia e dal suo orribile nome di battesimo, JeRRica/Jem riscopre la propria femminilità fluo, e la prima cosa che fa è mandare in crisi il rapporto con il suo debosciato fidanzato, causando alla disgraziata icona pop non poche crisi d'identità che le daranno nuovi spunti per canzoni in cui sbandiera la sua sofferenza interiore del tutto gratuita.
Tormenti che si autoinfligge nominando il fidanzato (della sua vecchia identità) manager della sua nuova identità segreta, però tenendolo inspiegabilmente all'oscuro della doppia vita, anche in assenza di torti da riparare, popoli da salvare o signori del male pronti a ricattarla, evidentemente solo per il gusto di prenderlo per i fondelli. Bé, contenta lei.

D'altra parte anche lui non è particolarmente sveglio a non accorgersi di nulla, o forse è solo molto sfortunato: dopotutto non aveva molte probabilità di farla franca tenendo il piede in due staffe provandoci con una tizia che in realtà è la sua stessa ragazza, beccandosi ceffoni da entrambe.
E smettila una buona volta di confondergli le idee, specie di pazza schizofrenica!

A questo proposito ripesco dal baule degli anni ottanta una delle canzoni particolarmente riuscite della suddetta, ovvero quella che mi martellava inspiegabilmente in testa stamattina (cantata dall'americana Britta Phillips, che riassume invece i nomi di una marca di elettrodomestici e una di caraffe filtranti), nella quale continua disperata a ripetersi affranta "Who is he kissing, me or her?" tralasciando il fondamentale particolare che comunque lui bacia la stessa persona, e che alla fine essendo lei la sua stessa rivale in amore nonché amante, può almeno tenerlo maggiormente d'occhio (e ricevere il doppio dei regali, cosa non da sottovalutare).


♪ Who is he kissing, is it me?
Or is he makin' love to a fantasy?
Who is he kissing? Wish I knew
What is he thinking of, 
when he looks into my eyes?
Who is he kissing, me or her?
Am I being used, tell me who does he prefer:
Me... or her?! ♫



 
Musica alquanto orecchiabile, e soprattutto un video degno di Dalì! :)

venerdì 10 febbraio 2012

Attenti al lupo cattivo!

La discussione di oggi: Cappuccetto Rosso è una fiaba educativa?
La raccontereste ai vostri figli a cuor leggero, pur sapendo che potrebbe causare danni irreparabili alla loro psiche? E potrebbero finire a scrivere cose senza senso come queste su un blog come questo?




Come per la maggior parte delle Seghe Mentali™, la risposta più corretta a questa domanda è chiaramente “Boh, ma veramente non ci ho mai pensato…” , il che sottende anche un certo disincantato menefreghismo per la questione, ma per rimediare alla cosa ci sono qui io.

Allora, la storia della bambina mascherata, priva di un nome proprio e dotata di un soprannome equivoco è universalmente nota: lei vive con la madre, la quale un bel giorno le rifila un cestino del pranzo con della torta e del vino e le dice di andare a trovare la nonna che, essendo ammalata, ne sarà contenta. Cioè, un’aspirina no, eh? La vecchia alcoolizzata.
Comunque la bimba parte verso la casetta della nonnina, nel bosco, esce dal sentiero per cogliere fiori per la nonna e così incontra il furbo lupo, che la raggira facilmente; il lupo entra in casa e si pappa la nonna, si pappa anche Cappuccetto Rosso dopo il famoso demenziale interrogatorio, infine arriva il buon cacciatore  che tagliando la pancia del lupo estrae le due ancora in salute –in un’altra versione, arriva un po’ prima cosicché deve estrarre solo la nonna –  e per tutti, tranne il lupo ovviamente che finisce ammazzato dalle lesioni interne provocate dalle grosse pietre che gli hanno infilato nello stomaco, tutto è bene quel che finisce bene.





Bisogna riconoscere che la morale di tutta la faccenda è quantomeno oscura.
Bella favola formativa, ma che diavolo di insegnamento sarebbe per i bambini? Cosa gli si vuole comunicare? Di non parlare mai con i lupi? Di non cogliere i fiori per le nonne? Di diffidare dalle anziane signore con i denti aguzzi e gli artigli canini?  Di non vestire il proprio cane con una vestaglia?
Un’ipotesi propugnata dalla stessa Cappuccetto alla fine della fiaba, - un po’ come quei cartoni anni ’80 per bimbi semiritardati in cui alla fine ti spiegavano la morale della puntata nel caso tu non ci fossi arrivato da solo – è che se non avesse deviato dal sentiero e avesse ascoltato i consigli della saggia mamma, cioè di andare dalla nonna direttamente senza andarsene a zonzo, non ci sarebbe stato tutto quel casino e la nonna avrebbe potuto ubriacarsi allegramente senza dover prima finire nell’intestino del mostro. 
Senza fiori, ma anche senza pezzi di succhi gastrici sui bigodini.