giovedì 15 marzo 2012

Protesi inseparabili



"Altro passo fondamentale [...si parla dell'animazione jappo, ndr...] può essere rintracciato nel successivo successo di Go Nagai, Koetetsu Jeeg ( Jeeg robot d'acciaio, 1975) dove il pilota Hiroshi, essendo un cyborg, durante la trasformazione diventa la testa del robot. In questo caso l'innovazione sta proprio in questo grado di simbiosi che si va sempre di più a assottigliare con il tempo. 
Questa volta anche Hiroshi è un cyborg dal corpo meccanico e dal cuore umano. Ormai tra il pilota e la macchina c'è un' interdipendenza, un rapporto di simbiosi totale. Si va delineando il concetto di uomo cablato ibrido tra macchina e essere vivente che diventerà fondamentale negli sviluppi successivi." 



Questo è un pezzo di un articolo presente nel libro "La Bambola e il Robottone  - Culture pop nel Giappone contemporaneo" (di A.Gomarasca, Torino, Einaudi, 2001)... o forse forse di "Cuore e acciaio - Estetica dell'animazione giapponese" (M.Ghilardi, Padova, Esedra, 2003). Faccio sempre confusione. 
Tra i due, "La Bambola e il Robottone" è sicuramente migliore. In ogni caso un interessante estratto è presente e visibile liberamente in questo sito

Tra le varie cose, si parla dell'interesse giapponese e del suo sviluppo nell'immaginare la tecnologia sempre più parte integrante dell'uomo, fino a diventare una vera protesi, interfacciandosi, entrando nel corpo, unendo l'asettico metallo con la carne pulsante, e creando nuovi organismi superiori (esempi nelle svariate saghe dei robot giganti anni '80, in Ghost in the Shell, in Neon Genesis Evangelion, in Guyver...), concetto che viene poi ripreso in vari film e telefilm di fantascienza (come l'Uomo da Sei Milioni di Dollari, e ovviamente Matrix,che diamine!)

...perchè se non era cablata, con un pistolone in mano, in posa sexy e con le chiappe al vento era meno futuristica.


Fantascienza poi mica tanto, perchè una specie di "fusione" uomo-macchina sta diventando sempre più normale. Non solo per le protesi acustiche, o il pacemaker, o quelle specie di telecamere che si impiantano nel cervello per far vedere i non-vedenti, quanto per un oggettino che è diventato indiscutibilmente parte della nostra vita. E quasi del nostro corpo, tanto che è sempre con noi.


LUI.

Che a questo proposito, la crisi aumenta, la povertà anche ma inspiegabilmente proliferano allo stesso ritmo anche gli iPhone (dal costo vagamente esorbitante) nei mezzi pubblici. 
E ovviamente anche quelle loro specie di copie smisurate che, a quanto ho capito, oltre a servire a leggere il Gazzettino e giocare ad Angy Birds sono fondamentali alla classe politica per garantire che il Governo proceda agilmente nelle sue consuete attività. Cioè, mettersi di traverso davanti a se stesso.

"...No signora maestra, stavo ascoltando. Veramente."

Di fronte allo strapotere indiscusso dei telefonini, che stando ad alcuni articoli in Italia risultano essere addirittura quasi due volte più numerosi degli umani stessi ("Siamo il paese dove si vendono più cellulari, le statistiche riportano 122 telefoni su 100 persone, cioè 1,22 telefoni per ogni italiano, considerando quanti ancora sono troppo giovani per usarlo e quanti invece sono troppo anziani, da queste statistiche emerge che ogni italiano dispone di almeno due telefoni.") la frase standard di rito a questo punto è sempre qualcosa come  "...Ma come si faceva quindici anni fa!?".
Impossibile tornare con mente a quei tempi bui e primitivi. Decisamente era più semplice commettere omicidi, bullismo o atti vandalici, visto che oggi si legge spesso di assassini smascherati dalla posizione rilevata dal cellulare che tenevano in tasca, di alunni violenti che si fanno filmare nelle loro bravate a danno di altri, e di piccoli vandali che filmano e mandano su youtube le prove -con tanto di firma e recapito web- delle loro infrazioni.
Nonostante tutte queste attività tipiche dell'essere umano siano diventate notevolmente più complicate, desta comunque stupore il dover constatare che l'umanità è pur sempre riuscita, in qualche modo oscuro, a incontrarsi e proliferare anche in assenza di questo potente e invadente strumento che permette scambi di informazione continua.
Tuttavia, da persone sagge e obiettive, bisogna arrendersi all'evidenza: il cellulare è ormai parte integrante del nostro corpo, della nostra vita di moderni ed emancipati  cavernicoli del XXI secolo e oggigiorno uscirne di casa sprovvisti è come andare a caccia di tigri dai denti a sciabola senza clava. 
Senza saremmo indifesi di fronte al mondo.

***

A questo proposito, per PURO CASO prima stavo sfogliando i volantini dei centri commerciali dei dintorni, giusto per passare il tempo.
Bé, non che ci voglia andare, ai centri commerciali: sia ben chiaro.
Sarebbe del tutto assurdo, con queste giornate, sprecare un weekend di splendido bel tempo in cui potrei invece... potrei... bé, ci sarebbe da riordinare la casa. O passare il mocio? Visto che sarà tiepido, dovrei anche pulire l'auto che è piena dentro e fuori di sabbia e fango. O approfittare per fare il cambio dei vestiti negli armadi? E decidermi a montare lo specchio in bagno. E ridipingere la parete della camera. Dovrei anche cambiare la lettiera ai gatti? Pulire il divano? Mmm...

In ogni modo, dicevo: il caso ha voluto che abbia visto una pagina invasa da pubblicità di nuovi cellulari, tra cui un nuovo modello della Nokia che, devo dire,  mi ha colpito parecchio con le sue forme tondeggianti e aggraziate. 
Non che mi interessi, ovviamente. Ma proprio per niente: io il cellulare ce l'ho già. 
E funziona benissimo. Cioè, funziona. Anche se sembra una mattonella. E ogni tanto si comporta come tale. Ma non ho certo bisogno di cambiarlo con uno nuovo solo perchè ha le forme tondeggianti e aggraziate. 

Ecco: per la verità, trovo del tutto inutili tutte queste pubblicità di cellulari. Voglio dire, stando alla statistica ognuno ha almeno due cellulari, giusto? E allora che bisogno c'è di spiattellarci sotto gli occhi continuamente nuove pubblicità di questi aggeggi? Solo per averne uno più potente o carino? E' ridicolo. E' ovvio che noi adulti non siamo come i bambini, che cedono facilmente a trappole così evidenti.

Oltretutto, non che queste pubblicità facciano il minimo sforzo per non sembrare ingannevoli: chiunque potrebbe fiutare l'inganno.
La gente è rappresentata sempre troppo sorridente, troppo palestrata, troppo raggiante anche mentre fa le cose più noiose del mondo, che stia cazzeggiando in internet in lussuose case dal design sfrenato o che guidi sicura potenti vetture su strade improbabilmente sempre prive di traffico. Addirittura sembra, a dar loro retta, che sfogliando una qualche nuova agenda elettronica gli appuntamenti noiosi e pesanti diventino improvvisamente stimolanti e divertenti. 
Balle. Prese in giro belle e buone. 
Ho degnato quindi appena di un'occhiata veloce, data con un senso di distaccata superiorità, al giocattolino in questione, per passare deciso al foglio successivo.




...O meglio, giusto un attimo prima di passare al foglio successivo, solo per dimostrare al volantino quanto poco valgano i suoi patetici e goffi tentativi di convincermi, mi sono soffermato un istante sulle specifiche del cellulare. Così, per puro spregio.

E Caspita. Ad essere sinceri, non era niente male. Era pure scontato di 50€.
Puzzava di trappola lontano un chilometro, è chiaro. 
Ma, d'altro canto, io non sono certo una persona con pregiudizi. O almeno non voglio avere questo pregiudizio nei confronti di me stesso. Per cui ho approfondito un altro poco, solo per il gusto di trovare l'inganno.

"Nuovo sistema operativo. Prestazioni superiori. Ricezione ottimizzata. Software per la riduzione del rumore di fondo. Display ultraluminoso. Agenda rinnovata." 
Accidenti. E poi è una curiosa coincidenza, perchè guarda caso io ADORO usare l'agenda del cellulare!!! 
"Autonomia di stand-by eccezionale. Rilevatore di campi magnetici. Bussola incorporata. Processore da 1 GB. 512 MB di RAM. Memoria di massa espandibile."

Processore? Bussola?! Ma stavamo parlando di un telefono? Forse mi sfugge qualcosa. 
GPS, GPRS, AGPS, USB, WIFI, WLAN, WEP, WPA, WCDMA, HSUPA e altre accozzaglie di lettere che, ad essere sinceri, non mi dicono un fico secco. Però fa figo pronunciarle una dopo l'altro. Se uno ci riesce senza ingamberarsi, intendo.
E ce ne sono davvero tante... chissà, magari un giorno, nel bel mezzo della difficoltà, una di queste sigle rivelerà un aiuto decisivo nel risolvere un grosso problema.
Credo sia questa l'idea: fare scorta di vocali e consonanti, un po' come nella Ruota della Fortuna.

"Lenti Zeiss e possibilità di scaricare programmi aggiuntivi che permettono, tra l'altro, di scattare foto in HDR" (questo per la verità non c'era scritto nel volantino. L'ho trovato su internet. Non saprei proprio dire come io sia arrivato a cercare questa informazione sul web, visto che non mi interessa assolutamente comprare un nuovo cellulare).
...A-Haa! Ecco la pataccata. Che senso ha scattare foto HDR su un telefono?! La cosa ha un perchè su una reflex digitale, certo non per una ridicola scatoletta con un obiettivo grande come una capocchia di spillo. Nessun fotografo serio si farebbe abbindolare da una cosa del genere. Da un trucco per sempliciotti così ridicolo. Ho già una reflex, che me ne faccio di uno stupido cellulare con lente Zeiss?
Ecco, appunto!!!

Solo che... 
Voglio dire: pensandoci bene, la reflex è pesante. E ingombrante. E poi, è chiaro, non sempre ce l'ho con me. E a un certo punto ho pensato: e se un giorno mi trovassi davanti a uno scatto di fondamentale importanza e non avessi niente altro che il cellulare con me?? (...il che è una cosa possibile, anzi probabile, visto che ce l'ho anche quando vado in spiaggia e le uniche altre cose che ho sono le infradito e gli slip).

Ragioniamo un attimo: sarebbe un'occasione irripetibile persa. Persa per sempre. Sprecata. Andata. Non tornerebbe più. Potrei rimpiangerlo per anni.
Forse dovrei pensarci e rivedere un attimo le mie priorità, è chiaro. Per non cadere in inutili pregiudizi.

Non che il mio cellulare di adesso non faccia le foto, sia chiaro. E' che... bé, ha sempre la memoria intasata. Qualunque cosa fai, lui si lamenta "Impossibile eseguire l'operazione: memoria insufficiente".
Un piagnone. Uno smemorato. Senza memoria disponibile. Dimentica pure di avere le applicazioni nel menù. Un cellulare con l'Alzheimer. Da quando ho fatto l'aggiornamento del software, poi, non va praticamente più niente. 
Certo, i programmi preesistenti sono diventati più ricchi, dalla grafica migliore, più pesanti, e il che significa quindi che ora non partono neanche. Come il programma del GPS: non si degna più neanche di calcolare il tragitto, ti dice semplicemente "Memoria insufficiente, comprati una cartina, e buona fortuna".

Che poi, pensandoci un momento a mente sgombra, a maggio abbiamo in programma un bel viaggio in sud Italia e sarebbe da veri irresponsabili partire senza GPS. E' talmente logico che mi stupisce non averci pensato prima.
Chiaro che ho il TomTom, che domande, ma è ingombrante. Ed è risaputo che per godersi la vacanza bisogna viaggiare leggeri. Tipo in infradito, slip e cellulare con GPS. 
Sono sicuro che un cellulare con un buon GPS sarebbe una scelta azzeccata. Un investimento. Una priorità. Quasi una necessità, mi viene da dire.
Un GPS che funzioni come agile agenda, come macchina fotografica d'emergenza, come oggetto di design, e all'occorrenza come fermacarte.  Un apparecchio elegante e funzionale, dalle mille applicazioni. La mia produttività triplicherebbe. Lo potrei usare per qualunque cosa. Seriamente: non riesco a capacitarmi di come abbia potuto anche solo pensare di viverci senza senza fino ad oggi.

Ho sbagliato tutto. Ora ho capito: non posso andare avanti senza il mio nuovo Nokia dalle linee tondeggianti. La mia esistenza, ad oggi, si mostra insopportabilmente grigia e limitata. Come ho potuto non accorgermene? Come posso essere stato così cieco e ottuso? Com'è che non lo capivo?
Quindi aveva ragione la pubblicità: la mia vita sarà molto più colorata, più dinamica; tutto sarà più semplice, scatterò foto in cui tutti saranno felici e soddisfatti, navigherò in internet col sorriso fisso delle reclame stampato in faccia; grazie alla nuova agenda sul display ultrabrillante sbrigherò facilmente tutti gli impegni che oggi, col vecchio cellulare, mi sembrano noiosi e pesanti; e poi guiderò con fare sicuro e orgoglioso la mia automobile su strade veloci e sgombre, finalmente guidato dal mio potente Nokia dalle linee eleganti, il GPS, WAP, il WEP, il HSUPA (qualunque cosa diavolo sia) e il navigatore incorporato.

Per fortuna sono una persona matura e capace di riconoscere gli errori di percorso e non un ottuso bimbetto testardo, e quindi so capire quando ho sbagliato. E PORVI RIMEDIO il prima possibile.
L'ipermercato è aperto sabato. Dopodomani. Il che, mi secca proprio, è un vero peccato perchè questo fine settimana avevo proprio intenzione di fare tutte quelle cose -il cambio dei vestiti, montare lo specchio, pulire i vetri, ridipingere le pareti...- che per un motivo o per l'altro non riesco mai a fare. Saltano sempre fuori questi impegni improrogabili da sbrigare assolutamente il prima possibile.
D'altra parte, una vita impegnata è una vita sana. E poi bisogna dare la giusta priorità alle cose. Bisogna ragionare in anticipo: non si vorrà mica che finisca in panne su una strada sperduta del sud Italia, disperso, senza batteria, e senza poter aggiornare Facebook?!




lunedì 12 marzo 2012

Aspettando


Lunedì si torna al lavoro.
Passato da poche ore il fine settimana, mi scopro già a fare progetti per il prossimo, in cui non sono bloccato in ufficio a fare quelle cose insulse che mi allietano le giornate lavorative come tabelle, grafici, relazioni, impaginazioni.
In attesa di andare, che ne so... per centri commerciali? ^_^'

In quest'ottica, questi cinque giorni sono una seccatura, un tempo scomodo e inutile, da far passare velocemente in attesa di un momento migliore, in cui divertirmi, e vivere appieno la vita. Due giorni su sette, potrebbe andare meglio, ma non lamentiamoci.

Però, è chiaro che in quest'ottica questi cinque giorni di noiosa routine sono cinque giorni persi. Cinque giorni sprecati.
Per la verità, quando mi fermo a pensarci mi pare che a volte gli ingranaggi contorti della società ci spingano a sprecare i giorni.
O meglio, visto che il lavoro pare sia in qualche modo necessario al funzionamento dell'uomo (per mangiare, ma anche per non andare via di testa il perchè, giuro, non mi è ben chiaro) e a quanto sembra è praticamente impossibile per noi umani medi liberarsene, mi pare ben disposta ad insegnarci la teoria dell'immaginare progetti per il futuro e finire con l'aspettare.
Aspettare le vacanze estive quando sei a scuola, aspettare di essere "grandi" per fare tutto ciò che vuoi (seee, proprio) quando sei bambino, aspettare le ferie quando sei bloccato alla scrivania, aspettare che passi il periodo di pressione in ufficio e la consegna improrogabile per potersi rilassare un po' (che tanto appena finito ce n'è un'altra), aspettare la promozione per fare la bella vita, aspettare la pensione per potersi concedere del tempo ed essere liberi, aspettare, aspettare... ma aspettare COSA, se poi viene fuori sempre un impedimento che rovina il teorico momento perfetto su cui contavamo e che avevamo tanto immaginato?

In questo bisogna ammettere che siamo recidivi e non impariamo mai. E se poi uno è religioso, capita anche di peggio: uno può perfino convincersi a sopportare la vita intera aspettando di andare un giorno in un posto dove finalmente tutto sarà bello e perfetto, dove incontreremo i nostri cari, dove saremo per sempre felici e liberi da ogni male. Morti stecchiti e quindi felici.
Perverso. Chi potrebbe crederci?

...eppure.... °_°'


Mi pare che ci sia sempre, in sottofondo, quell'aspirazione a cercare un "momento perfetto", nel futuro nebbioso, dove tutto sarà a posto e noi saremo finalmente soddisfatti e appagati.
In questo, i cartoni animati e i film (e perchè no, le favole?) giocano la loro parte: trasmettono fin da bambini l'idea che "tutto è bene quel che finisce bene", che dopo un percorso più o meno accidentato e pieno di difficoltà e ostacoli da superare, ci sia il lieto fine dove tutti ridono più o meno sguaiatamente, trionfa il bene e la felicità è perfetta. Per sempre felici e contenti.
Balle, è ovvio.

...eppure, chi non smette di sognare?


Affascinati da un ipotetico finale dove tutto è felicità, lavoriamo oggi sui nostri errori per cercare di migliorare, di maturare, ed avere le capacità per afferrare finalmente il momento perfetto, dove non sarà più necessario aggiustare niente, ma così è sempre aspettare un momento che deve ancora venire.
E' come se adesso stessimo sempre allenandoci, se stessimo ancora lavorando per ottenere le premesse di un futuro splendido, se stessimo recitando le prove generali in attesa del grande spettacolo. Il Cristianesimo, peraltro, la pensa proprio così. O ce lo vuole far credere, perlomeno.
Aspettiamo che la vera vita cominci.
E intanto, cosa facciamo? Il tempo passa e mi accorgo a volte di come lo usiamo in maniera insulsa. A spettegolare su Facebook. A fare zapping tra video di youtube di cui non sentivamo bisogno. A guardare foto di gente che non conosciamo. A spiare le vite finte di altri col Grande Fratello (che alla dodicesima edizione ha fatto flop, finalmente) e a guardare programmi insulsi di cui in fondo non ci frega niente. A fare passatempi. E il tempo passa, appunto.




Cioè, parlando di tempo che passa, si arriva al concetto successivo: par brutto, ma è abbastanza chiaro che dovremo morire. Bella scoperta?
Curiosamente, quando esprimo questo pensiero, la gente normalmente si tocca e poi mi manda a quel paese, o fa le stesse due cose ma in ordine inverso; per la verità, a volte anche in contemporanea.
Vero che si deve morire, MA SI SA: è una cosa che succederà. Un giorno. Lontano, si spera, e aspetta che mi tocco di nuovo e vai un po' a fare 'sti discorsi da iettatore da qualche altra parte, sì? Ecco bravo.
E poi che senso ha farsi 'ste seghe mentali: per adesso siamo vivi, no? Ecco, appunto.
Tra parentesi, se ci penso bene, non ci credo fino in fondo neanch'io. Un attimo, penso, ragioniamo: mi guardo allo specchio e dico "toh, ho 34 anni", strano... poco fa ne avevo 25. O erano 20? Non può essere. TRENTAQUATTRO? Mi è sfuggito qualcosa?
Quando è passato, il tempo? E soprattutto... come l'ho utilizzato? Ho realizzato qualcosa per cui essere fiero di me stesso? Qualcosa di veramente grandioso, spettacolare, eroico, come i personaggi dei film?
Bé, non esattamente... magari più aspettando distrattamente che passi la giornata lavorativa in attesa che arrivi la sera? E la serata, su facebook? Scrivendo post di blog? O guardando film orrendi? Sempre che non stiamo guardando una pubblicità irritante di qualche insulso detersivo, in attesa che ricominci il film orrendo.




Basta guardarsi intorno per vedere come sia difficile, forse impossibile, rendersi conto pienamente della fragilità della nostra stessa vita, di quanto sia stupidamente temporanea, di come poi basti un niente perchè si spacchi.
Anche se uno riesce nell'intento di non impiantarsi contro un platano il sabato sera, il corpo comunque si logora. Però non ci si pensa, normalmente.Probabilmente c'è una specie di meccanismo salvavita per non essere presi dall'angoscia di invecchiare, di avere un timer dentro le proprie cellule, di avere le batterie Ni-Cd di quelle con l'effetto memoria che ogni giorno che le ricarichi si caricano sempre un po' meno, e dopo cento utilizzi la macchina fotografica non si accende più. E ti accorgi che i pezzi di ricambio non erano previsti dal rivenditore.

Qualcosa che spinge a trattare i compleanni come feste, anzichè guardare la cosa dall'altro punto di vista e capire che ok, è un anno in meno da vivere.
Per la maggior parte di noi comprensibilmente questo ragionamento è da evitare ad ogni costo, per cui si fanno le corna e si procede a vivere come se niente fosse, ignorando questa realtà, distraendosi deliberatamente, come se la morte non esistesse veramente e comunque non ci toccasse da vicino -non per noi, almeno- e poi ecco, si resta impreparati quando ad esempio un vecchio nonno improvvisamente viene a mancare.
Che "improvvisamente" un tubo, visto che a una certa età il fatto di andarsene, se non altro per una questione di statistica, sarebbe da prendere emotivamente in considerazione.

E quando questo succede uno pensa che l'esempio, dovrebbe servire di lezione. E invece, giorno dopo giorno, il tempo guarisce le ferite. Ci si dimentica della visita della morte. E si torna ad aspettare che succeda quel grande evento che segni l'inizio della vera vita, e nel frattempo si continua ad aspettare distratti, giorno dopo giorno, in giorni così simili l'uno all'altro, a perderci in passatempi. E il tempo passa, appunto. Ed è così strano pensare che non ritorna.




sabato 18 febbraio 2012

Identità segrete

Oggi, dopo dodici ore di sonno filate, mi sono svegliato con un motivetto di una vecchia canzone in testa, e mi sono ritrovato a pensare... avevate mai fatto caso che c'è stato un periodo, negli anni '80 e '90, in cui se non avevi almeno un'identità segreta non eri proprio nessuno? E scusate il gioco di parole.
Visto che siamo in pieno carnevale, mi sembra doveroso approfondire il tema del mascheramento e delle identità segrete. ^_^
Il messaggio era decisamente chiaro, dato che veniva da più fronti dal panorama televisivo: tu accendevi la TV (e io la accendevo spesso) e qualunque canale mettevi le probabilità di imbatterti in qualcuno che girava con un costume ridicolo e/o si faceva chiamare con un nomignolo scemo erano statisticamente alte.



Il motivo, ovvio, era aiutare lo spettatore a uscire dalla realtà comune e aiutarne l'identificazione con il personaggio tv, dato che anch'egli indossando la maschera usciva dalla sua "realtà comune" per diventare letteralmente qualcun altro, cambiando aspetto e modo di comportarsi.
In sostanza in questa  doppia uscita dalla banale quotidianità veniva mostrata e in un certo senso legittimata la possibilità di riscattarsi compiendo azioni spettacolari e vivendo una vita fuori dalla consueta grigia routine (mentre l'eventuale superpotere sfoggiato dall'alter-ego è da considerare semplicemente uno sfogo del desiderio di onnipotenza tipico del bambino... qui non è il caso di approfondirlo vista la lunghezza del tema, e lasciarlo trattare agli esperti del settore)


...Si sdrai, prego.


Quindi.
C'erano Zorro, Batman, Superman, l'Uomo Tigre, l'Uomo Ragno, il Tulipano Nero, He-Man, Wonder Woman, Calendar Men, Megaloman, Paperinik, SuperPippo, Yattaman, Sailormoon, la Magica Emi, Shadow Lady... la moda di girare con un travestimento più o meno sgragiante e ridicolo negli anni '80 e '90 dilagava a vista d'occhio, sfidando le regole del comune buon gusto. E la cosa più entusiasmante, ripensandoci adesso, è che nel mondo della TV l’apparizione di questi tizi mantellati che indossavano mutandoni e stivali di gomma sopra una calzamaglia non causava pernacchie o increduli scrosci di risa, ma suscitava timore reverenziale, tanto a farli diventare modelli iconici di tutto rispetto nelle menti dei bambini che guardavano ipnotizzati la TV (...uno a caso?)

Cioé. Usare un travestimento per fare le proprie bravate cercando di evitare di finire in galera era stata una buona idea in uno dei primi "supereroi", Zorro, che pur sfoggiando un look vagamente piratesco e quei ridicoli baffetti era sempre riuscito ad evitare di essere perseguito della legge. Per le sue azioni da fuorilegge, non per l'uso dei baffetti, si intende.



L'idea di mascherina e cappello per battersi contro le inguistizie sociali è stata poi ripresa da una sorta di controparte femminista dello spadaccino spagnolo, la fioraia francese nota come Stella della Senna, con l'importante differenza di una maschera rossa coprente quanto un paio di occhiali da segretaria e una tutina sgambata.
Che, tra i bacchettoni della Francia del XVIII secolo, poteva forse fare la differenza e distogliere l'attenzione dei gendarmi contro cui si batteva e spiegare la loro goffaggine quando, sola contro venti, li affrontava vittoriosa.



Un'identità misteriosa su cui far leva per aumentare il proprio fascino mediatico era invece probabilmente stata l'idea di Naoto Date, filantropo e lottatore professionista dal passato oscuro che impiegava una tigre impagliata in testa, con la scusante però che i suoi avversari sfoggiavano gadget e travestimenti ancora più dementi.

tipo il boa VIVO...
...la maschera da corpo dei lupetti, con tanto di dentiera...
...un comodissimo completo da, boh, vampiro? compreso di farfallino e mantella...
...la tutina da ape maia/ragno triste...
...l'uomo-orata-al-pesto...
...il re leone e la mummia (sotto le bende si cela evidentemente Satomi dei Beehive)...
il... il.... bé, lasciamo stare!           O___O'


Lo stesso principio di Zorro, che dilagherà dal Giappone all’America passando per l’Italia, e sarà fatto proprio da personaggi come l’Uomo Ragno, Yattodetaman e Paperinik,  ha dato il via a un altro cliché, quello su cui si basa il segreto di Superman: il binomio contrapposto “identità pubblica debole e sfigata - identità segreta figa e spaccatutto”.



Per sfuggire alle ritorsioni sui propri cari, Clark Kent escogita il ben noto quanto risibile travestimento: raddrizzare le spalle, togliersi gli occhiali, scompigliarsi un po' il ciuffo e mettersi una tutina aderente colorata di dubbio gusto. 
Cosa però che, per quanto incredibilmente funzionante, ha avuto come ben noto il problema di far perdere la testa della sua donna, evidentemente molto miope, per una sola delle due identità.
Dramma che aveva perseguitato, per inciso, anche il capostipite Zorro: la bella Lolita infatti per tutta la storia sbava tanto spudoratamente dietro allo spadaccino mascherato, quanto disprezza le avances del timido Don Diego de la Vega; e più avanti nel tempo la frigida Teela, da sempre indifferente alla camicia rosa confetto e ai virili fuseaux viola lavanda del Principe Adam, perderà la testa per i pettorali depilati di He-Man al punto di ignorare quell'impossibile pettinatura a caschetto biondo.

"Tutto qui, bastava spogliarsi davanti a lei!" spiega il Principe Adam nell'ultima puntata a beneficio dei bambini
 
Possedere una seconda identità da tenere nascosta al pubblico, e di cui far innamorare la propria donna in modo da causare problemi sentimentali del tutto gratuiti per essere paranoicamente gelosi di se stessi, col tempo diventa sempre più fondamentale nella formazione dell'adolescente degli anni '80.
Oltre che per lottare contro le ingiustizie e i malvagi, l'identità segreta si rivelava fondamentale anche per avere successo nella vita professionale, specie se nell'ambito dello spettacolo; lattai, corrieri e impiegati di banca mascherati, fortunatamente, devono ancora vedersi, per quanto non sono sicuro che libera professione si possa intendere la seconda attività delle tre ragazze bellissssime, tre sorelle furbisssime, del bar "Occhi di Gatto".
Sfruttatrici di un'identità posticcia per guadagnarsi il favore del pubblico sono l'Incantevole Creamy e la Magica Emi; entrambe tuttavia, rientrano più nel genere "maghette in erba" che nel settore dei "liberi professionisti con maschera".

* * *


(..e notare il mignolino con cui tiene il microfono, prego)


Ma è con Jem e le Holograms che arriviamo a una svolta decisiva: JeRRica Benton è l'insipida proprietaria di una casa discografica sull'orlo della bancarotta (e relativo inevitabile orfanotrofio annesso da salvare per sottolineare il momento lacreme napuletane), finché non ha la brillante idea non tanto di investire su un gruppo decente, quanto -nonostante sia priva di talento e non sappia cantare- di mettersi a strimpellare con la sorella e le prime amiche che trova sulla rubrica dopo aver assunto ella stessa un'identità segreta, probabilmente perché era una tirchia di prima categoria, o aveva segrete manie di protagonismo, o semplicemente perché affidarsi a una vera cantante seria le sembrava troppo scontato.


Contando sul fatto che negli anni '80 una parrucca da Joey Tempest rosa evidenziatore bastava per decretare il successo di un gruppo rock, JeRRica decide di diventare lei stessa un'icona pop grazie agli effetti speciali dell'inevitabile supercomputer senziente di turno trovato in magazzino; potendo così contare su un fisico spudoratamente rifatto (da un ologramma, giusto perché rifarsi il seno come le altre non le bastava) e con la voce sgraziata contraffatta dall'elettronica, Jem diventa la precorritrice di quasi tutte le cantanti pop di oggi.

Lo scontro con la realtà è spesso molto duro

Finalmente libera dal suo vecchio look scialbo, dalla voce da cornacchia e dal suo orribile nome di battesimo, JeRRica/Jem riscopre la propria femminilità fluo, e la prima cosa che fa è mandare in crisi il rapporto con il suo debosciato fidanzato, causando alla disgraziata icona pop non poche crisi d'identità che le daranno nuovi spunti per canzoni in cui sbandiera la sua sofferenza interiore del tutto gratuita.
Tormenti che si autoinfligge nominando il fidanzato (della sua vecchia identità) manager della sua nuova identità segreta, però tenendolo inspiegabilmente all'oscuro della doppia vita, anche in assenza di torti da riparare, popoli da salvare o signori del male pronti a ricattarla, evidentemente solo per il gusto di prenderlo per i fondelli. Bé, contenta lei.

D'altra parte anche lui non è particolarmente sveglio a non accorgersi di nulla, o forse è solo molto sfortunato: dopotutto non aveva molte probabilità di farla franca tenendo il piede in due staffe provandoci con una tizia che in realtà è la sua stessa ragazza, beccandosi ceffoni da entrambe.
E smettila una buona volta di confondergli le idee, specie di pazza schizofrenica!

A questo proposito ripesco dal baule degli anni ottanta una delle canzoni particolarmente riuscite della suddetta, ovvero quella che mi martellava inspiegabilmente in testa stamattina (cantata dall'americana Britta Phillips, che riassume invece i nomi di una marca di elettrodomestici e una di caraffe filtranti), nella quale continua disperata a ripetersi affranta "Who is he kissing, me or her?" tralasciando il fondamentale particolare che comunque lui bacia la stessa persona, e che alla fine essendo lei la sua stessa rivale in amore nonché amante, può almeno tenerlo maggiormente d'occhio (e ricevere il doppio dei regali, cosa non da sottovalutare).


♪ Who is he kissing, is it me?
Or is he makin' love to a fantasy?
Who is he kissing? Wish I knew
What is he thinking of, 
when he looks into my eyes?
Who is he kissing, me or her?
Am I being used, tell me who does he prefer:
Me... or her?! ♫



 
Musica alquanto orecchiabile, e soprattutto un video degno di Dalì! :)

venerdì 10 febbraio 2012

Attenti al lupo cattivo!

La discussione di oggi: Cappuccetto Rosso è una fiaba educativa?
La raccontereste ai vostri figli a cuor leggero, pur sapendo che potrebbe causare danni irreparabili alla loro psiche? E potrebbero finire a scrivere cose senza senso come queste su un blog come questo?




Come per la maggior parte delle Seghe Mentali™, la risposta più corretta a questa domanda è chiaramente “Boh, ma veramente non ci ho mai pensato…” , il che sottende anche un certo disincantato menefreghismo per la questione, ma per rimediare alla cosa ci sono qui io.

Allora, la storia della bambina mascherata, priva di un nome proprio e dotata di un soprannome equivoco è universalmente nota: lei vive con la madre, la quale un bel giorno le rifila un cestino del pranzo con della torta e del vino e le dice di andare a trovare la nonna che, essendo ammalata, ne sarà contenta. Cioè, un’aspirina no, eh? La vecchia alcoolizzata.
Comunque la bimba parte verso la casetta della nonnina, nel bosco, esce dal sentiero per cogliere fiori per la nonna e così incontra il furbo lupo, che la raggira facilmente; il lupo entra in casa e si pappa la nonna, si pappa anche Cappuccetto Rosso dopo il famoso demenziale interrogatorio, infine arriva il buon cacciatore  che tagliando la pancia del lupo estrae le due ancora in salute –in un’altra versione, arriva un po’ prima cosicché deve estrarre solo la nonna –  e per tutti, tranne il lupo ovviamente che finisce ammazzato dalle lesioni interne provocate dalle grosse pietre che gli hanno infilato nello stomaco, tutto è bene quel che finisce bene.





Bisogna riconoscere che la morale di tutta la faccenda è quantomeno oscura.
Bella favola formativa, ma che diavolo di insegnamento sarebbe per i bambini? Cosa gli si vuole comunicare? Di non parlare mai con i lupi? Di non cogliere i fiori per le nonne? Di diffidare dalle anziane signore con i denti aguzzi e gli artigli canini?  Di non vestire il proprio cane con una vestaglia?
Un’ipotesi propugnata dalla stessa Cappuccetto alla fine della fiaba, - un po’ come quei cartoni anni ’80 per bimbi semiritardati in cui alla fine ti spiegavano la morale della puntata nel caso tu non ci fossi arrivato da solo – è che se non avesse deviato dal sentiero e avesse ascoltato i consigli della saggia mamma, cioè di andare dalla nonna direttamente senza andarsene a zonzo, non ci sarebbe stato tutto quel casino e la nonna avrebbe potuto ubriacarsi allegramente senza dover prima finire nell’intestino del mostro. 
Senza fiori, ma anche senza pezzi di succhi gastrici sui bigodini.

lunedì 19 dicembre 2011

Il destino nel lunedì mattina




Il lunedì sono di pessimo umore. 
Probabilmente la colpa è del fine settimana, che mi illude ci possa essere una vita diversa di quella che si ottiene stando chiusi per otto ore al giorno in un ufficio grigio, monotono, con il ronzio dell’impianto di condizionamento (quando funziona), davanti a un insulso schermo che flippa gli occhi ad inserire altrettanto insulsi dati in un archivio, o controllare e confrontare noiose liste di quantità che gente altrettanto annoiata ha inserito.
E il tutto fino a XXXtanta anni, quando finalmente saremo liberi di, uh, coltivare i nostri acciacchi da ultrasettantenni standocene chiusi in casa con il ronzio di una protesi acustica, davanti a un insulso televisore a vedere altrettanti insulsi programmi televisivi in noiosa alta definizione.

Vabbé. Mi dicono che questa sia la vita.
"La vita reale".
Che l’uomo funzioni bene se vive nella sofferenza.
 La possibile verità di questa affermazione, che mi pare un po’ masochista, spiegherebbe il successo di alcune massime al riguardo, come:

Soffrire e piangere significa vivere.” [Dostoevskij], 
L'uomo è nato libero, ma dovunque è in catene. [Rousseau],  
L’uomo è nato per soffrire, e se non soffre, soffre.” [M.Marchesi],
E' più facile per l'immaginazione comporsi un inferno con il dolore che un paradiso con il piacere [A.De Rivarol],

...o la popolarità del mantra di “gloriosa sofferenza” di alcune religioni, col loro pantheon di santi volenterosi e desiderosi di aiutare l’umanità ma rigorosamente incompresi, addolorati, mutilati, suppliziati, squartati, arsi vivi, crocifissi, torturati, impalati, affettati, massacrati, in sostanza abbastanza sfigatelli nella vita terrena (e per loro scelta, pare) che ha preso piede nel nostro sistema di valori.



domenica 27 novembre 2011

Apprendisti stregoni

"Nei momenti di debolezza, quando ci sentiamo incapaci di affrontare gli ostacoli che si presentano, dobbiamo ripeterci le parole magiche: volere è potere.
Però, oltre a ripeterci questo mantra meraviglioso, è importante capire in profondità cosa vuol dire. “Volere è potere” significa che, se vogliamo realmente qualcosa, possiamo ottenerlo! Il fatto stesso che il nostro subconscio – che è molto più saggio di quanto supponiamo – ci permetta di volere qualcosa vuol dire, inequivocabilmente, che siamo in grado di ottenerlo.
D’altra parte, affinché il nostro “volere” sia realmente “potere” o, detto in altro modo, affinché il nostro “volere” si converta in un “potere” effettivo e reale, dobbiamo saper volere. Saper volere è il grande segreto di questa vita. L’importante è che tu orienti il tuo cuore e la tua fiducia verso questa Forza. Essa non ti deluderà. La vita è magia, ma non ce ne rendiamo conto."



Girando su Internet alla rigorosa ricerca di qualcos'altro (che poi diventa qualcos'altro ancora, e via così, di divagazione in divagazione, finché ad un certo punto mi fermo confuso e mi domando "ma che diamine stavo cercando??" Mah.)  mi sono a un certo punto imbattuto in queste parole, intrise della più sconclusionata saggezza esoterica new-age, costringendomi a frenare la mia ricerca del qualcosa che stavo cercando, qualunque cosa fosse, e provvedendo a raccogliere i frutti che queste parole fanno germogliare.
Lo chiamano "Il potere della mente positiva".
Per sicurezza le ho anche rilette due volte.  Perchè sono parole sulle quali riflettere.
L'adepto serio della new-age farà dunque tesoro di queste parole,  perchè in esse vi è custodito uno dei segreti che rimpolpano le fila dei fedeli delle più disparate sette parareligiose.
Il nostro sapiente guru ci insegna dunque che, nel caso avessimo un momento in cui ci sentiamo incapaci, inutili, impotenti, e dubitassimo di riuscire a risolvere un dilemma, la strategia vincente è quella di rifugiarci in un delirante quanto appetibile sistema di "pensiero magico", nel quale volere è potere, la forza della mente piega il corso degli eventi naturali, Babbo Natale porta i doni ai bambini buoni e tutto è bene ciò che finisce bene, come ripeteva Shakespeare all'inizio del 1600 e il Grande Puffo alla fine di ogni zuccherosa puntata della sua serie.





venerdì 4 novembre 2011

Confessioni di una mente dissociata. Pardon, che dissocia.

Ho tre ospiti che non mi mollano un attimo, mi seguono ovunque, e per quanto io cerchi di allontanarli vogliono stare sempre con me. Inutile dire che la loro presenza costante mi è fonte di altrettanto costanti seccature, specie perché di andarsene non sembrano avere la minima idea. Ogni tanto li allontano, ma dopo pochi giorni ritornano. A causa loro sono stato costretto a troncare i miei rapporti col mio primo grande amore, salutandolo in lacrime ma con la promessa di rivederci un giorno, per poi chiudergli con determinazione la porta in faccia. La porta del freezer. D’altra parte quella tra me e il pane (specie quello unto e ipersalato) è stata una lunga storia piena di pathos, di sentimenti veri, di attimi di fugace e intensa felicità. 
Ma i carboidrati sono diventati off-limits. Almeno per un mesetto. Forse due. Un giorno, però, staremo di nuovo insieme, gliel’ho promesso.  Magari per qualche fugace incontro notturno. Tanto c’è il microonde, in tre minuti di cottura combinata si può consumare una scappatella dietetica, occhio non vede cuore non duole.
Occhio e cuore no, ma bilancia , sfortunatamente. E i tre chili ospiti indesiderati, quella li vede benissimo.