domenica 27 novembre 2011

Apprendisti stregoni

"Nei momenti di debolezza, quando ci sentiamo incapaci di affrontare gli ostacoli che si presentano, dobbiamo ripeterci le parole magiche: volere è potere.
Però, oltre a ripeterci questo mantra meraviglioso, è importante capire in profondità cosa vuol dire. “Volere è potere” significa che, se vogliamo realmente qualcosa, possiamo ottenerlo! Il fatto stesso che il nostro subconscio – che è molto più saggio di quanto supponiamo – ci permetta di volere qualcosa vuol dire, inequivocabilmente, che siamo in grado di ottenerlo.
D’altra parte, affinché il nostro “volere” sia realmente “potere” o, detto in altro modo, affinché il nostro “volere” si converta in un “potere” effettivo e reale, dobbiamo saper volere. Saper volere è il grande segreto di questa vita. L’importante è che tu orienti il tuo cuore e la tua fiducia verso questa Forza. Essa non ti deluderà. La vita è magia, ma non ce ne rendiamo conto."



Girando su Internet alla rigorosa ricerca di qualcos'altro (che poi diventa qualcos'altro ancora, e via così, di divagazione in divagazione, finché ad un certo punto mi fermo confuso e mi domando "ma che diamine stavo cercando??" Mah.)  mi sono a un certo punto imbattuto in queste parole, intrise della più sconclusionata saggezza esoterica new-age, costringendomi a frenare la mia ricerca del qualcosa che stavo cercando, qualunque cosa fosse, e provvedendo a raccogliere i frutti che queste parole fanno germogliare.
Lo chiamano "Il potere della mente positiva".
Per sicurezza le ho anche rilette due volte.  Perchè sono parole sulle quali riflettere.
L'adepto serio della new-age farà dunque tesoro di queste parole,  perchè in esse vi è custodito uno dei segreti che rimpolpano le fila dei fedeli delle più disparate sette parareligiose.
Il nostro sapiente guru ci insegna dunque che, nel caso avessimo un momento in cui ci sentiamo incapaci, inutili, impotenti, e dubitassimo di riuscire a risolvere un dilemma, la strategia vincente è quella di rifugiarci in un delirante quanto appetibile sistema di "pensiero magico", nel quale volere è potere, la forza della mente piega il corso degli eventi naturali, Babbo Natale porta i doni ai bambini buoni e tutto è bene ciò che finisce bene, come ripeteva Shakespeare all'inizio del 1600 e il Grande Puffo alla fine di ogni zuccherosa puntata della sua serie.





Nell'attesa dell'avvento di Placebil Compresse (fonte naturale di presaperilculite), l'equazione Volere=Potere sembra fornire dunque la necessaria dose di endorfine necessaria per placare il senso di inadeguatezza del soggetto e portarlo favorevolmente alla risoluzione del problema usando la sua forza nascosta, la sua energia segreta attivata dal misterioso potere della volontà che gli permette di affrontare e vincere qualunque avversità gli si pari davanti.


Un celebre seguace della sopracitata teoria.
Tra gli altri vantaggi, dei colpi di sole invidiabili.


Va da sé che questo rivoluzionario segreto, che mette in diretto contatto con i flussi magici che attraversano il pianeta, è ulteriormente potenziabile tramite la ripetizione di un "mantra meraviglioso", ovvero una FORMULA MAGICA che pronunciata con la necessaria forza spirituale permette di ottenere qualsiasi cosa il soggetto desideri, dando l'addio alla vecchia personalità sfigata e perdente e trasformandosi in una persona vincente e volitiva, capace di superare le avversità e i propri nemici con forza e determinazione.

Oppure, se qualcosa va storto nella formula, in queste/i.


Ma è fantastico! Certo, un altro modo di vedere la cosa è questo, ma sono sicuro che l'illuminato autore dell'articolo intenda qualcos'altro da quello che io, profano ateo e poco avvezzo a cogliere le perle di saggezza della magia che permea la vita, sto fraintendendo.


Un altro inghippo è che nutro qualche serio dubbio sul fatto che il mio subconscio sia più saggio di quanto io supponga, e trovo anche un po' curiosa la cazzat l'immagine poetica per cui dentro di noi abita una specie di saggio immateriale Yoda, meno color zucchina ma ugualmente intriso di saggezza, che se ci dà dei suggerimenti secondo cui "volere qualcosa vuol dire, inequivocabilmente, che siamo in grado di ottenerlo."

Che poi, detto da Yoda, sarebbe più qualcosa di anagrammato come "Se qualcosa volere tu, in grado vuol dire che tu inequivocabilmente ottenere sei." o qualcosa del genere.

E bravo Yoda! Come evidentemente dimostra l'esperienza. 
Perchè "dobbiamo saper volere. Saper volere è il grande segreto di questa vita. L’importante è che tu orienti il tuo cuore e la tua fiducia verso questa Forza. Essa non ti deluderà.".  




Questo, chiaramente, se si possiede un sufficiente numero di midi-chlorian. 
Altrimenti ciccia. 
E infatti, come vengono risolti dal nostro puffoso Yoda qui  i casi storicamente documentati in cui uno desidera, si aspetta e vuole una cosa ma che nonostante lo sforzo e l'eventuale magico mantra non si sono avverati (tipo quello che un bimbo povero si aspetta inutilmente da Babbo Natale, un impiegato che fa gli straordinari dal capufficio, il capufficio dalla segretaria bacchettona, l'Italia da Berlusconi, Obi-Wan da Anakin Skywalker, Michael Jackson dal suo dermatologo, Dante Alighieri da Beatrice)?

Nell'ultimo caso, si redige un poema scritto in terzine incatenate di versi endecasillabi in lingua volgare fiorentina, e ci si vendica rovinando l'adolescenza di generazioni di innocenti.

In tutti gli altri, invece, arriva inevitabilmente un macigno di delusione. Di ulteriore inutilità. 
E allora si è tentati di mandare al diavolo la new-age, si buttano via i dischi con 75 minuti di onde registrate e strilli ripetuti di uccellacci campionate all'interno di un macello di polli, e ci si dà a qualcosa di meno esoterico per affrontare la delusione e ritrovare la pace interiore.
Tipo il Lexotan.

Ma il vero adepto new-age sa che non deve dubitare delle parole del Maestro, e che se i risultati non arrivano la colpa è solo sua.
Sua dell'adepto, non del Maestro. Perchè il Maestro è stato chiaro:


D’altra parte, affinché il nostro “volere” sia realmente “potere” o, detto in altro modo, affinché il nostro “volere” si converta in un “potere” effettivo e reale, dobbiamo saper volere. Saper volere è il grande segreto di questa vita.



Quindi, se io ho voluto disperatamente quel qualcosa (il pupazzo giocattolo di Optimus Prime, l'aumento di stipendio, delle riunioni di lavoro private fuori orario, l'impennata economica del Paese, un Salvatore mandato dalla Forza, una carnagione bianca, la .... bé questo è chiaro, non infieriamo sul divino Poeta), ma non ho ottenuto un fico secco (o sempre nel caso di Dante, una... non infieriamo, non infieriamo.) la responsabilità DEVE ESSERE MIA.
Che non ho voluto abbastanza. Che non ho saputo volere, cioé convertire il volere in potere effettivo e reale.
Che la mia mente citrulla, oltre a non combinare niente di buono e non ottenere l'aumento di stipendio anche se lavoro venti ore al giorno, non è neanche buona a piegare l'universo secondo la mia volontà.
Tralasciando il particolare secondo cui pensare che tutto debba andare come si vuole, senza considerare anche gli eventi esterni che, in varia misura, sono e restano in buona misura incontrollabili dalla nostra volontà e dalle nostre azioni, è... uh... bé, delirio?







Ovviamente questo dettaglio però viene più o meno ignorato dall'apprendista stregone del ventunesimo secolo, impegnato a mettersi in contatto con i flussi energetici dell'Universo (per trovare la pace interiore, DOPO averlo controllato e manipolato secondo la sua volontà), o dalla sua versione più comune e facilmente osservabile nei safari cittadini: il pio devoto che striscia a cadenze regolari davanti alla sua Entità Superiore preferita cercando di corromperla con baratti più o meno materiali, in modo da essere da Questa adeguatamente raccomandato nelle attività quotidiane sue o dei suoi cari.

Baratto che, come spiegato negli appositi opuscoli distribuiti dai vicari e capisetta delle Entità in questione, dev'essere ovviamente di natura spirituale, ma possibilmente convertito anche in pecunia di natura più tangibile (da raccogliere in apposita cesta che di norma passa regolarmente tra i banchi durante le lagne varie cerimonie rituali) in modo da finanziare concrete opere pie per alleviare le sofferenze, derivate dall'indigenza, degli esseri umani più poveri e sfortunati.



Evidentemente questo signore rientra in entrambe le categorie.







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